L’abbondante produzione di foraggio, utilizzato come nutrimento per gli animali da allevamento, comportò una maggiore produzione di latte da parte delle mucche, al punto che i monaci dovettero inventare un sistema di conservazione.
Storicamente questo fatto è molto interessante, dal momento che nel medioevo gli uomini erano condizionati dal clima e dall’ambiente in cui vivevano e non potevano che seguire i ritmi naturali e le leggi biologiche. Per quanto riguarda l’agricoltura e l’allevamento, questo significava sottostare alle stagioni e accettare i cibi che la natura offriva di mese in mese.
Le tecniche di conservazione erano ancora agli albori e limitate a procedimenti molto semplici (essiccatura al sole o salatura): il latte doveva essere consumato il giorno stesso della mungitura e i formaggi non duravano molto di più.
Dopo qualche attenta riflessione e un pò di esperimenti i monaci dell’abbazia maturarono l’idea di cuocere a lungo il latte, aggiungendo un po’ di caglio e successivamente sottoponendolo a salatura. Così nacque il formaggio a pasta dura: questo “cacio” ruvido e consistente iniziò ad essere prodotto nelle caldaie dei monasteri che divennero così i primi veri e proprio caseifici della storia. Sotto l'attenta guida dei monaci cominciarono a diffondersi alcune figure professionali nuove, i casari, esperti appunto nell'arte della produzione del formaggio.
In virtù della sua lunga stagionatura i monaci chiamarono questo nuovo formaggio "caseus vetus" ovvero "formaggio vecchio", per sottolineare ciò che lo distingueva da altri formaggi di tradizione precedente che, in quanto freschi, venivano consumati rapidamente.
Tuttavia la gente delle campagne, che non aveva dimestichezza con il latino, preferì chiamarlo "grana" in virtù della sua pasta compatta punteggiata di granelli bianchi, ovvero piccoli cristalli di calcio residui del latte trasformato. A seconda delle province in cui viene prodotto gli si venne accostando il termine che ne indica la provenienza. Tra i più citati si trovano il lodesano, considerato da molti il più antico, il milanese, il piacentino e il mantovano. La fama del "grana" prodotto nella zona padana si consolidò nel tempo e ben presto esso divenne un formaggio pregiato, protagonista dei banchetti rinascimentali di principi e duchi. Tra le testimonianze documentate, se ne trova riferimento in una missiva di Isabella d'Este, consorte di Francesco II Gonzaga e marchesa di Mantova, che inviò il rinomato formaggio in regalo ai suoi familiari, signori del ducato di Ferrara. Era il 1504.
Grazie alle sue ricche proprietà nutritive, alla sua lunga conservazione e alla non alterabilità delle sue caratteristiche alimentari e di gusto, il "formai de grana" divenne un importante alimento della gente di campagna, soprattutto durante le terribili carestie.
Il "Grana Padano" divenne così espressione di un'intera cultura sociale ed economica, trasversale alle sue classi, apprezzato sia dai ricchi e dai nobili, avvezzi ormai a una cucina piuttosto elaborata e raffinata, sia dai poveri, le cui ricette quotidiane sono molto più semplici, ma tradizionali.