Il Grana Padano: ma quale crisi?

«La nostra DOP gode di ottima salute e non lo dico io, ma i numeri». Il Direttore Generale del Consorzio, Stefano Berni, respinge l’ipotesi circolate di recente sull’andamento del prezzo del latte italiano.

«Il Grana Padano non è in crisi. Anzi, continua a rappresentare la destinazione più remunerativa al mondo del latte prodotto con vacche alimentate a silomais ed è uno dei pilastri della zootecnia nazionale». A ribadirlo con forza è il Direttore Generale del Consorzio di tutela, Stefano Berni, che respinge al mittente le ipotesi allarmistiche circolate di recente che attribuiscono al Grana Padano la responsabilità di un calo del prezzo del latte italiano.

«Chi parla di crisi del Grana Padano prende un abbaglio clamoroso – afferma Berni – Il Grana Padano non è mai stato in crisi e non lo è nemmeno oggi. Continua a garantire la migliore remunerazione al mondo del latte prodotto con insilati e i consumi, soprattutto all’estero, stanno crescendo».

Secondo il Direttore Generale, proprio l’ottima salute della DOP spiega quanto accaduto nella seconda metà del 2025, quando sul Grana Padano si sono riversate quantità di latte eccezionali. «Nel primo semestre eravamo cresciuti del 3,8%, ma da luglio a novembre – ha spiegato Berni – stiamo registrando una crescita media del 12%. È una dinamica anomala che ha inevitabilmente sbilanciato il sistema».

L’aumento produttivo ha avuto effetti sui listini all’ingrosso del Grana Padano, scesi di circa il 15%, ma senza intaccare i livelli che restano, come ha precisato Berni «di eccellenza. Parliamo di quotazioni intorno ai 9,50 euro al chilo per lo stagionato a nove mesi. Sono valori molto elevati, che consentono, comunque, una remunerazione superiore alla media di tutto il latte italiano».

 

BERNI

Stefano Berni, Direttore Generale
Consorzio Tutela Grana Padano

Il Grana Padano nel 2025 ha prodotto 400mila forme in più

Il boom del latte conferito al Grana Padano è legato anche alle difficoltà di collocamento della materia prima su altri sbocchi di mercato. «In tutta Europa, soprattutto nel secondo semestre in Francia e Germania, si sono prodotte enormi quantità di latte che hanno fatto calare il valore del latte spot – sottolinea il Direttore Generale – In Italia si è scelto, appunto, di destinare più latte alla trasformazione in Grana Padano proprio perché i listini stavano andando bene. È, quindi, tutto il contrario di una crisi».

Nel 2025, dunque,  il sistema del Grana Padano ha assorbito integralmente l’aumento produttivo del latte nazionale: «Abbiamo trasformato circa due milioni di quintali di latte in più, che equivalgono a oltre 400mila forme. È una quantità enorme – evidenzia il Direttore Generale – Tutta la crescita produttiva de latte italiano è confluita nel Grana Padano perché non c’erano altri sbocchi economicamente accettabili».

Una dinamica che, però, non potrà ripetersi con la stessa intensità nel 2026. «Il Grana Padano continuerà ad assorbire latte – avverte Berni –, ma non potrà farsi carico di tutta la crescita nazionale come avvenuto quest’anno. Non può diventare una “discarica” del latte che non trova collocazione altrove».

Un messaggio chiaro sia per allevatori che per caseifici

Da qui la necessità di rispettare la programmazione produttiva. «Bisognerà ridurre le crescite rispetto al 2025 e contenere – ha fatto sapere il Direttore Generale – l’allungamento eccessivo delle carriere produttive delle vacche che è stato alla base delle eccedenze di latte».

Un messaggio chiaro è rivolto anche ai caseifici. «Nel 2025 alcuni hanno superato del 20% la propria quota produttiva per assorbire il latte in più. Nel 2026 questo non potrà accadere: si potrà crescere, ma entro limiti molto più contenuti, al massimo si potrà arrivare al 10% di incremento del proprio quantitativo di riferimento», superato il quale i costi diverrebbero rilevantissimi.

Corretto fissare un prezzo del latte differenziato

Berni guarda con favore anche alle indicazioni emerse a livello ministeriale sul principio di fissare un prezzo differenziato per crescite produttive. «Sono favorevole alla crescita, ma deve essere controllata. Il latte che rientra nello “zoccolo duro” produttivo deve essere valorizzato pienamente – oggi parliamo di 54 centesimi al litro a gennaio 2026, un valore nettamente sopra i costi di produzione – mentre la quota eccedente non può avere le stesse garanzie di prezzo. Ovviamente questi saranno i prezzi del latte libero, non del Grana Padano che oggi, con l’equa correlazione, arriva ai 59 centesimi al litro qualità compresa, che diverranno probabilmente a inizio anno 56 cent»

Il latte alla stalla italiano resta il più pagato d’Europa grazie al Grana Padano

In conclusione, Berni ha ribadito l’importanza del ruolo strategico del Grana Padano per l’intero comparto lattiero–caseario italiano. «Il latte alla stalla in Italia è il più pagato d’Europa per due motivi: siamo deficitari di latte e quasi il 50% del latte della zona DOP va al Grana Padano. Questo trascina verso l’alto anche il prezzo del latte che non viene destinato alla DOP».

Infine, una ulteriore precisazione: «Quando si parla di economia non contano le opinioni, ma i numeri – conclude il Direttore Generale del Consorzio –. «E i numeri dicono una cosa sola: il Grana Padano è in ottima salute».