Berni: «La legge italiana che vieta il cibo coltivato? Piena condivisione»

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Stefano Berni, Direttore Generale
Consorzio Tutela Grana Padano

Il business del futuro a livello mondiale si giocherà sempre più sul food. Il Consorzio di tutela del Grana Padano sostiene la legge che vieta la produzione e la vendita del cibo prodotto in laboratorio.

«Si tratta di un risultato storico per il nostro Paese, il primo a livello mondiale ad aver stabilito il divieto di vendita e commercializzazione di prodotti fatti in laboratorio. Una scelta, che, voglio ricordare, è stata sostenuta da un consenso trasversale, ossia basato sulle istanze di associazioni di categoria, agricoltori, Regioni e Consigli comunali, di diverso colore politico».

Così il direttore generale del Consorzio di Tutela del Grana Padano, Stefano Berni, ha commentato, dopo il voto definitivo da parte della Camera, il 16 novembre scorso, la nuova legge italiana che vieta la produzione e vendita di cibo sintetico.

In un momento che vede aumentare gli attacchi al cibo italiano e anche la sua candidatura a Patrimonio Immateriale dell’Umanità, il Consorzio di Tutela del Grana Padano ha accolto questa scelta del Governo con grande soddisfazione. «Questo traguardo rappresenta, infatti, una tutela per i consumatori, ma anche – ha sottolineato il direttore generale – una difesa di tradizioni alimentari consolidate e radicate nei territori, come il Grana Padano Dop, vessillo del cibo italiano di qualità e consumato, per quasi il 50% della sua produzione, in tutto il mondo».

«Il business, a livello mondiale, è oggi sempre più focalizzato – ha precisato Berni – sul food e lo sarà sempre di più nei prossimi anni, quando, avvinandoci a una popolazione di 10 miliardi di persone, traguardo che verrà raggiunto attorno al 2050, si cercheranno alternative ai prodotti d’eccellenza della nostra tavola a danno dei cittadini e dei produttori tradizionali, in particolare gli allevatori».

Solidarietà al presidente di Coldiretti, Prandini, rispetto agli attacchi subiti durante la manifestazione di sostegno alla legge

«Posso accettare, comunque, che vengano espressi sull’argomento pareri diversi, a patto, però, che non siano offensivi e provocatori. Mi riferisco alle iniziative – ha continuato il direttore generale – di alcuni parlamentari, che il giorno della votazione alla Camera del disegno di legge contro il cibo sintetico, hanno esposto, davanti a Palazzo Chigi, un cartello con scritto “Coltivate ignoranza”, proprio a pochi metri dalla manifestazione organizzata in modo assolutamente pacifico per festeggiare e sostenere il Governo».

«Essendo stato parlamentare – ha aggiunto Berni – so come ci si deve comportare: mi è spiaciuto, infatti, apprendere che i due onorevoli, invece di restare in Aula a esprimere le loro opinioni, siano usciti per esporre cartelli offensivi verso un settore che lavora ogni giorno per produrre e assicurare cibo alla collettività. Il presidente nazionale di Coldiretti, Ettore Prandini, che ha solo cercato di farli allontanare, ha reagito in modo coerente e spontaneo rispetto all’attacco subito dalla categoria. Non si è trattato, invece, di un intervento spontaneo da parte di quei parlamentari perché i cartelli erano stampati e, quindi, gli insulti al mondo agricolo e le provocazioni erano stati decisi a tavolino. Avrebbero, invece, potuto esprimere la loro contrarietà nelle sedi opportune».

Necessario equiparare l’iter autorizzativo del cibo coltivato a quello dei farmaci

Il varo della nuova legge non vuol dire, tuttavia, bloccare la ricerca sul cibo prodotto in laboratorio, anzi: «Se si vuole, a questo punto, parlare di “ignoranza scientifica” è tale quella di chi – ha sottolineato il direttore generale – non esige garanzie sulla sicurezza, sulla salubrità alimentare e sul rispetto dell’ambiente in relazione al cibo coltivato. Garanzie che, invece, intende chiedere il Governo, sulla base di evidenze che saranno ottenute attraverso analisi e ricerche scientifiche».

«Dobbiamo ora portare – ha continuato Berni – il voto del Parlamento italiano contro il cibo sintetico nel dibattito a livello europeo. In questo ambito è necessario equiparare le autorizzazioni, laddove dovessero essere rilasciate, ai prodotti di carattere farmaceutico, e non ai novel food. La differenza è sostanziale, ma ne va di mezzo la salute dei cittadini perché l’iter autorizzativo è più lungo, ma molto accurato e approfondito.
Occorre, infatti, togliere ogni dubbio su eventuali rischi per la salute dell’uomo e dell’ambiente legati alla produzione di carne in laboratorio».